Generazione Precaria, Generazione Ribelle!

 

GenerazioneP


GENERAZIONEPrecaria
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Correre di qua e di là nel tentativo di rendere compatibile lavorare e studiare.

Essere costretti a due lavori, magari con chiamata all’ultimo momento (e che importa se avevi altri programmi), sempre in nero e senza permessi o licenze.

Subire meccanismi di formazione di stampo ormai quasi "industriale", fra accumolo di crediti e badge elettronici.

Non poter passare una serata con gli amici, perchè non si può stare nelle piazze a bere una birra ed i soldi per un locale non ci sono.

Dover fare salti mortali per andare al cinema od a teatro, o comprare un disco.

Fare i pendolari fra roma e l’hinterland, su trenini schifosi e pieni come carri bestiame.

Essere ridotti a semplici unità di produzione, sfruttati – corpo e mente –
ed usati per il profitto di altri, sempre piu’ ricchi mentre noi, sul
serio, non arriviamo a fine mese – e neanche spesso possiamo farci di
questi conti, perchè lo stipendio non sai quando e se arriverà e quanto
sarà.

La precarietà non è un termine astratto, ma la cifra concreta della nostra condizione quotidiana.

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Generazione Ribelle
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Le esperienze territoriali e metropolitane nei quali i pischelli di diversi quartieri della metropoli si sono autorganizzati per liberare spazi e rivendicarne l’uso pubblico< (ad esempio ad ostia), sviluppare momenti di socialità diversail pomeriggio, la sera, nelle piazze, negli spazi sociali, negli istituti – e denunciare il tentativo di espropriare e militarizzare dei territori (da villa pamphili a trastevere), passando per vertenze che hanno bloccato speculazioni edilizie (il centro commerciale a quattro venti piuttosto che il cambio di destinazione d’uso dello studentato a valle aurelia) fino alle azioni contro il delirio sicuritario con l’oscuramento di telecamere nelle strade di aggregazione, alla produzione dal basso di cultura (mostra, incontri, scrittura creativa collettiva) ed altro ancora.

Le esperienze di autogestione, organizzazione dal basso, riapproriazione di tempi e spazi nelle facoltà e negli istituti che in questi anni si sono moltiplicati, nonostante autoritarismi piu’ o meno espliciti e campagne mediatiche.

Lo sviluppo di una “nuova tipologia” di occupazioni abitative, animate da giovani coppie, studenti fuori sede, pischelli precari (da quella iniziata dal giugno 2008 da un gruppo di precari in rete con collettivi, reti e centri sociali in via di portonaccio36, fino allo studentato autogestito pointbreak occupato pochi mesi fa dagli studenti della sapienza, passando per l’esperienza a centocelle).

L’esplosione, lo scorso anno, travolgente e meravigliosa,
di un movimento che ha visto centinaia di migliaia corpi animarsi e
riprendere strade, piazze, facoltà, scuole – tutti i giorni, giorno per
giorno, dappprima contro i progetti di riforma del ministro Gelimini e
poi, sempre piu’, rivendicando nel complesso il proprio futuro.

Tutto questo ci parla della ribellione che in questi anni abbiamo opposto a quello che speravano avremmo subito in silenzio, cresciuti in una retorica che voleva le lotte qualcosa di vecchio e l’attuale l’unico presente possibile.

Ed invece, così non è stato. Così non poteva essere.

Tutto questo parla di quanto, giorno per giorno, sviluppiamo, ci riprendiamo, liberiamo, facciamo vivere.

Ci avrebbero voluto silenti e precari, ci hanno trovato ribelli e desideranti.
E questo fa paura.


ed hanno paura…
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solidarieta’ a “Villetta” ed Horus

Hanno paura, appunto. Ed è questa paura che ha
fatto muovere, la scorsa settimana, almeno centocinquanta agenti dei
reparti antisommossa per sgomberare “villetta”, una
occupazione abitativa nei pressi di piazza Sempione dove vivevano venti
giovani precari. E solo pochi giorni fa portava allo sgombero
dell’HorusOccupato in piazza Sempione, con tanto di ruspa per demolirne
gli interni perchè è qualcuno arriva al paradossi di preferire un
edificio vuoto ad un luogo vivo in una città che si vorrebbe morta
nello spirito e nella dignità. Un segnale nei confronti di un
territorio da sempre e sempre piu’ resistente, e che qualcuno vorrebbe
“bonificare”, quello del IV municipio.

Un attacco esplicito e rivendicato a mezzo stampa ai percorsi di liberazione in questa città. Ma anche la
reazione, a tratti isterica, di chi ha paura di fronte alla possibilità
che la riappropriazione di spazi sociali ed abitativi si possa
estendere come pratica diffusa oltre ogni aspettativa,
a
fronte della situazione materiale insostenibile nella quale siamo
costretti e della determinazione a vivere, nel senso piu’ completo del
termine, che questi mesi e questi anni è stata praticata in questa
città.

In una città dove il costo di un camera supera i 400euro, nei quali il nero
è la normalità (e l’inchiesta della guardia di finanza ha fatto, come
si dice, la scoperta dell’acqua calda), nei quali lo stipendio di un
25enne è in media di 600euro senza contratto.

In una città nella quali le politiche giovanili di comune e governo hanno del paradossale, finanziando magari i “centri per la gioventù” gestiti da qualche noto neofascista da una parte ed ignorando l’impossibilità anche a 30 di andare via da casa dei genitori dall’altra.

In una città dove gli spazi per la cultura si sono ancora ristretti
e sono stati quasi del tutto (dopo anni di gestione bettini e consorti)
rinchiusi in dinamiche lobbistiche o commerciali e dove gli spazi di
socialità sono stati annullati, sostituiti con luoghi di semplice consumo.

in una città nella quale chi governa fa il muso duro per non ammettere di avere paura.


RIPRENDIAMOCI IL FUTURO
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La paura di chi vede, di fronte, la rabbia di chi non vuole piu’ accettare i ricatti e sperimentare invece la gioia del riprendersi assieme tempi e spazi.

La paura di chi sa che, quando affermiamo di riprenderci il futuro, non enunciamo uno slogan, ma raccontiamo quello che di giorno in giorno abbiamo deciso di fare e facciamo,
a partire dall’avere una casa stabile o liberare spazi per la cultura,
passando per l’autogestione quotidiana degli spazi che attraversiamo.

La paura di chi spera inutilmente di poterci fermare
con qualche dimostrazione di forza, mentre già si sta sviluppando, dal
basso e adesso, un presente diverso.

 

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